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Venerdì, 19 Aprile 2024
Anagni Piglio

Paliano-Anagni, incendio stabilimento Acea: le reazioni dei politici e delle ass. associazioni ambientalistiche

Ci sono volute circa 8 ore per spegnere l’incendio allo stabilimento dell’Acea A.R.I.A. nella zona di Castellaccio a Paliano. Oltre ai danni ambientali che dovranno essere valutati dagli organi preposti, sembrerebbe che l’incendio abbia provocato...

Ci sono volute circa 8 ore per spegnere l’incendio allo stabilimento dell’Acea A.R.I.A. nella zona di Castellaccio a Paliano. Oltre ai danni ambientali che dovranno essere valutati dagli organi preposti, sembrerebbe che l’incendio abbia provocato danni per oltre un milione di euro alla strittura ed ora per le oltre 10 maestranze il lavoro non c'è più.Intanto si registrano una serie di reazioni politiche e di associazione che vi pubblichiamo di seguito: “Legambiente di Frosinone esprime tutta la sua più viva PREOCCUPAZIONE per i danni alla salute che potranno derivare dall'imponente incendio che questa mattina ha devastato l'impianto ACEA di riciclaggio di Castellaccio. Tutta la zona della valle da Colleferro, ad Anagni, da Piglio,Paliano fino alle pendici dei Monti Lepini SUBISCE ancora una volta un danno al territorio. SOLLECITIAMO un pronto intervento della Autorità competenti (servizi ASL-ARPA) per evitare che si consumino sulle nostre tavole verdure ed alimenti provenienti dalla zona limitrofa. Il rischio Diossina è intuibile.

Il Presidente del Circolo di Legambiente Frosinone. Antonio Setale

SCALIA ESPRIME VICINANZA AI CITTADINI : "IMPORTANTE ACCERTARE CAUSE DELL'INCENDIO E TUTELARE SALUTE DEI CITTADINI"

Il Senatore Francesco Scalia esprime forte preoccupazione per l'incendio che è divampato questa mattina a Paliano a seguito di un'esplosione all'interno dell'impianto di Acea Ambiente. "Fortunatamente non ci sono feriti - dice Scalia - ma resta alta la preoccupazione per la salute dei cittadini di Paliano e dei comuni limitrofi. Le autorità competenti dovranno accertare le responsabilità e i motivi dell'incidente, che si inserisce in un contesto ambientale già fortemente compromesso come quello della Valle del Sacco".

RENZO CARELLA (PD): È ASSOLUTAMENTE NECESSARIO CAPIRE LA NATURA E LA PORTATA AMBIENTALE

“E’ da questa mattina presto che tutta la nostra attenzione è rivolta all’incendio nell’impianto di Acea a Castellaccio, che produce Cdr che conferisce poi a Colfelice, che ha generato una colonna di fumo molto preoccupante – così l’on. Renzo Carella (Pd) – E’ assolutamente necessario intervenire prontamente, come del resto si sta facendo, per analizzare queste emissioni sia sul suolo che nell’aria di cui non si conosce ancora la natura ma di cui si sente forte l’odore acre e quindi la portata in termini ambientali, soprattutto per la sicurezza dei cittadini che abitano in prossimità dell’impianto ai quali è stata chiesta massima cautela e di tutto il territorio circostante.

Ovviamente una volta risolto il problema fondamentale che è quello della sanità e della sicurezza, con l’esaurimento del fumo, si dovranno conoscere tutte le specifiche di questa emissione e le cause che lo hanno determinato. La preoccupazione è tanta e assolutamente giustificata, sia perché si ignora la composizione del fumo e visto da dove si è generato chiaramente l’allerta c’è tutta, sia perché ancora una volta è colpita la Valle del Sacco la cui grave situazione ambientale è nota a tutti.

Sappiamo che gli organi competenti sono sul posto per monitorare costantemente la situazione, ciò che si chiede è di sapere la verità sull’accaduto, agire per evitare che si ripeta una cosa simile, e se necessario, mettere subito in campo tutte le misure sanitarie”.

VINCENZO STENDARDO (PD): NON C’È PACE PER LA VALLE DEL SACCO, L’INCIDENTE A CASTELLACCIO ALZA DI NUOVO LA TENSIONE..A POCHI GIORNI DALL’ENNESIMA DISCUSSIONE SULL’AMBIENTE IN CONSIGLIO COMUNALE A COLLEFERRO

“C’è molta preoccupazione per quanto si è generato questa mattina all’interno dello stabilimento

di Acea a Castellaccio, che produce Cdr per l’impianto di Colfelice – afferma Vincenzo Stendardo, capogruppo Pd in consiglio comunale- Non si conosce la composizione della colonna di fumo che si e elevata all’alba e dato che non siamo in un giardino di rose, è evidente che c’è attenzione tensione! La cosa più importante e da capire con estrema velocità è proprio la natura di questo fumo e da qui prendere immediatamente tutte le misure di sicurezza per la salute dei cittadini. Non c’è pace per la Valle del Sacco, non conosciamo per ora l’origine dell’incendio che ha causato questa acre emissione, però la presenza così alta di attività impattanti dal punto di vista ambientale in una perimetro troppo piccolo per contenerle tutte, devono obbligatoriamente indurre ad un ripensamento delle politiche ambientali e delle politiche dello sviluppo…se di sviluppo del territorio vogliamo veramente parlare. Lo andiamo ripetendo da sempre, non possiamo vivere circondati da attività che abbassano e compromettono la qualità della vita, non vogliamo fare le statistiche però è dal 2005 che siamo sotto stress ambientale. E questo perché solo nel 2005 è venuto alla luce tutto il problema dell’inquinamento chimico. Ma prima? Mica le cose si autoproducono! E sicuramente non all’improvviso! Non è più pensabile oggi una cosa del genere. Allora, lo ripetiamo e lo continueremo a ripetere fino allo sfinimento, ancora di più perché oggi è accaduto questo ennesimo episodio a Castellaccio, praticamente da noi, è necessario invertire la rotta, diamo corpo alle decisioni assunte all’unanimità in consiglio comunale, cominciamo a diminuire la pressione, procediamo alla chiusura della discarica di Colle Fagiolara!”

RETE PER LA TUTELA DELLA VALLE DEL SACCO

Dall’impianto cdr di Castellaccio una nube tossica di diossine e PCB, e chissà cos’altro, ha “ossigenato” decine di chilometri quadrati di territorio, con inevitabili ricadute sul terreno, coinvolgendo qualche decina di migliaia di persone: le istituzioni rispondano in termini strutturali

Negli impianti di preparazione del CDR vengono trattati materiali come carta, legno e plastiche; in particolare, è noto che le procedure di selezione non garantiscono l’esclusione totale delle plastiche che generano diossine e PCB nella combustione. Gli impianti di incenerimento, a loro volta, utilizzano sistemi di abbattimento e filtrazione per evitare la diffusione delle sostanze pericolose, dei quali conosciamo peraltro l’insufficienza a garantire il blocco totale delle emissioni nocive. La combustione avvenuta nell’incendio dell’impianto di Castellaccio è suscettibile di aver prodotto un danno grave all’ambiente.

Solo nei prossimi giorni sarà chiara, con tutti i limiti facilmente intuibili che presentano analisi e monitoraggi complessi di un inquinamento in area vasta quale quello in questione, l’entità del danno alla popolazione e al territorio della Valle del Sacco a seguito dell’ennesimo incidente legato all’impiantistica di un ciclo dei rifiuti scorretto e insostenibile dal punto di vista economico e ambientale, ovvero a una produzione industriale ad alto impatto ambientale: il territorio conta decine di aziende a rischio di incidente rilevante sottoposte alla direttiva “Seveso bis”, senza che gli abitanti siano minimamente edotti sul rischio che corrono e sui comportamenti da adottare in caso di incidente.

Nonostante il pronto ed efficiente intervento delle forze dell’ordine e degli enti di controllo, di alcuni sindaci, non si può non rilevare la totale assenza di una macchina informativa e di intervento capillare, indispensabile in situazioni del genere. Alcuni sindaci sono stati piuttosto tempestivi nella comunicazione ufficiale, ma ci sono giunte ugualmente centinaia di richieste di informazione e decine di testimonianze da parte di cittadini allarmati e disinformati. Manca un centro di coordinamento e non ci sembra la Protezione civile regionale sia stata predisposta a svolgere questa funzione; di fatto, in tale circostanza ha brillato per la sua assenza.

Seguiremo con attenzione la procedura di determinazione del danno ambientale e l’istruttoria di accertamento delle responsabilità del rogo, ma intanto una cosa è certa: una nube tossica di diossine e pcb, e chissà cos’altro, ha “ossigenato” decine di chilometri quadrati di territorio, con invitabili ricadute sul terreno, coinvolgendo qualche decina di migliaia di persone. Nel frattempo, a pochi chilometri di distanza, si notava una nuvola nera, molto più contenuta ma da non sottovalutare, fuoruscire da uno degli inceneritori di Colleferro.

Le istituzioni non rispondano semplicemente con proclami, sull’onda dell’emotività, ma diano soddisfazione alle esigenze del territorio in termini di salute, ambiente e sicurezza adottando provvedimenti strutturali. Tantomeno facciano dichiarazioni su un ritorno alla normalità, poiché lo spegnimento dell’incendio è solo l’inizio dei problemi per la popolazione. Se la normalità è quella già descritta del rischio permanente per un territorio fortemente inquinato e costellato di impianti pericolosi ed inquinanti, da questa normalità bisogna uscire.

Adottare provvedimenti strutturali significa, oltre alla messa a punto della macchina di emergenza prevista dalla normativa, avere il coraggio di rivedere la presenza dell’impiantistica del ciclo dei rifiuti sul territorio, senza sottostare alla logica delle lobby dei “signori del rifiuto” o della contabilità regionale del trattamento dei flussi di RSU.

Dichiara il presidente Alberto Valleriani: «Chiediamo l’apertura di un tavolo istituzionale dedicato, aperto alle associazioni e alla cittadinanza, con la presenza di Regione, Province di Frosinone e Roma, Comuni del comprensorio, che si riunisca sul territorio interessato dalla nube tossica. Inoltre, la massima trasparenza da parte degli enti di controllo e la pubblicizzazione dei risultati delle analisi in questione».

Dichiara il coordinatore di Frosinone Francesco Bearzi: «Dopo oltre un decennio dalla sua approvazione, è tempo che la Regione Lazio si decida a chiudere i battenti dell’impianto di cdr di Castellaccio, che ha arrecato enormi disagi alla popolazione del centro abitato di San Bartolomeo, Comune di Anagni, situato a ridosso dell’impianto, dove non sarebbe mai dovuto sorgere per ovvie ed elementari ragioni di tutela della salute della popolazione limitrofa. Si deve ragionare linearmente in termini di chiusura, non si provi a gettare acqua sul fuoco pensando di proporre la trasformazione la struttura di ACEA Aria, la cui funzionalità è sotto gli occhi di tutti, in un “luminoso” impianto di Trattamento Meccanico Biologico».

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